APPROFONDIMENTO SU “EFFETTO CHIARA FERRAGNI” E BOOM DI VISITE AL MUSEO DEGLI UFFIZI: INTERVISTA ALLA PROF.SSA MARIA ANGELA POLESANA

Tempo di lettura: 9 minuti

Data di pubblicazione: 8 Giu, 2022

Chiara Ferragni prende parte a uno shooting per Vogue Hong Kong agli Uffizi di Firenze a luglio 2020. Posta delle foto su Instagram e incredibilmente crescono le visite al museo per tutta l’estate e il 2021.
L’aumento riguarda soprattutto la fascia dei più giovani: 19 – 25 anni. Si parla quindi di “effetto Chiara Ferragni”.

Maria Angela Polesana, docente universitaria presso il corso di laurea in Comunicazione d’Impresa e Relazioni Pubbliche dell’università IULM, ci aiuterà ad approfondire e comprendere meglio il fenomeno legato a Chiara Ferragni e, in generale, agli influencer.

Maria Angela Polesana è professoressa associata in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università IULM di Milano. Le sue ricerche si concentrano specialmente sui fenomeni comunicativi nel mondo dei media, della cultura di massa e dei consumi.

Nel 2020 Chiara Ferragni ha partecipato a campagne pubblicitarie nel museo degli Uffizi, il quale nel 2021 diventa il museo più visitato d’Italia e il 5° museo in tutto il mondo.
Secondo lei, Prof.ssa Polesana in che modo può aver influito Chiara Ferragni sulla crescita dei visitatori e soprattutto dei più giovani?

Per rispondere a questa domanda bisogna fare prima una riflessione. Gli ambienti virtuali in cui si esprimono i giovani di oggi sviluppano in loro delle aspettative molto diverse rispetto agli utenti dei cosiddetti “old media”.
Il giovane di oggi si aspetta una comunicazione online che gli consenta maggiormente di interagire e di stabilire una relazione con la persona che segue o l’oggetto che guarda.

Mi viene in mente a questo proposito un sociologo tedesco, Walter Benjamin, che sosteneva, già nei primi anni del ‘900, che l’immagine fosse tattile. Ovvero: l’occhio che osserva assomiglia alla mano che tocca.
Questa metafora è ancora valida, se non di più, ai giorni nostri. Infatti, se pensiamo alle immagini che guardiamo sullo smartphone o sul computer, ci rendiamo conto che abbiamo bisogno di toccarle per ingrandirle e portarle vicino a noi.

Questo accade ancora di più con l’opera d’arte: il giovane utente under 25 è influenzato da questo rapporto nuovo che nasce dal bisogno di portare vicino, di interagire, di stabilire in qualche modo una relazione con l’opera d’arte.

Quindi non mi stupisce il fatto che la comunicazione di Chiara Ferragni, attraverso l’attività sui social, abbia portato grandi risultati in termini di visite al Museo. Perché ha avvicinato effettivamente questo mondo apparentemente elitario, lontano, esclusivo, ai giovani.
In che modo? Attraverso Instagram che si basa principalmente sulle immagini.
Chiara Ferragni è riuscita a favorire il processo di identificazione dei giovani, anche se ormai appartiene a una fascia di età diversa. È riuscita a trasmettere il desiderio di esserci, in questo caso al museo, e di fruire di questa opera d’arte.

Chiara Ferragni agli Uffizi per una campagna pubblicitaria nel 2020

“L’effetto Chiara Ferragni” ha avuto un immediato riscontro positivo.
A dispetto di quanto si pensava, ovvero una bolla che sarebbe scoppiata presto, il fenomeno si è dimostrato “a coda lunga”. Come pensa che questo sia possibile?

Credo che sia possibile perché Chiara Ferragni ha avvicinato la giovane generazione all’arte utilizzando i media più fruiti. In poche parole ha reso più democratica l’arte.

Da considerare anche il tema della Instagrammabilità, ovvero la pratica di condividere foto, di comunicare tramite loro curandone in maniera importante la dimensione estetica.
Il rischio è dunque che molti giovani vadano agli Uffizi semplicemente per avere un particolare sfondo e farsi un selfie.

In ultimo il tema della celebrità: dobbiamo ricordare che i macro influencer come la Ferragni sono delle celebrity. E il fenomeno del divismo si caratterizza anche per il desiderio da parte dei fan di ripeterne le azioni e di visitare gli stessi luoghi in cui sono stati i loro divi.

Secondo lei Chiara Ferragni come riesce a mantenere un così grande seguito?

Diciamo che Chiara Ferragni è sempre stata lungimirante: inizialmente crea un blog, poi intuisce il potenziale di Instagram in cui costruisce il suo successo con un racconto identitario carico di emozioni e quindi particolarmente coinvolgente. Un racconto che le consente di creare una comunità di “affetto” che si consolida e cresce nel tempo.

Ma Chiara Ferragni è anche un’imprenditrice digitale, come lei stessa si definisce. L’influencer ha in effetti dimostrato nel tempo di sapere costruire un proprio brand, che si identifica con la sua persona, compiendo una serie di scelte sempre coerenti con la sua identità. Coltivando così la propria reputazione che, ora sempre di più, si alimenta di azioni di responsabilità sociale. Ciò indubbiamente contribuisce ad accrescere la fiducia nei suoi confronti così come rispetto al suo brand.

Chiara Ferragni con la sua linea di abbigliamento

Cosa ne pensa Prof.ssa Polesana riguardo alle critiche che Chiara ha ricevuto proprio sulla campagna che ha fatto?

Ho letto che grandi polemiche sono nate non tanto per il post della Ferragni, pubblicato sul suo account, quanto piuttosto per ciò che ha scritto il museo degli Uffizi. Quest’ultimo ha paragonato la Ferragni alla Venere del Botticelli affermando che è “una divinità contemporanea nell’era dei social” stabilendo una sorta di equazione tra un’opera d’arte e un fenomeno mediale e consumistico.

Suscitando così una serie di critiche legate al timore di svilire l’opera d’arte in nome di un’operazione di marketing.

Ed in effetti va segnalato che da una parte vi era un preciso accordo, tra gli Uffizi e la città di Hong Kong, che prevedeva il prestito di alcune opere di Botticelli che sarebbero state esposte, nei mesi successivi, all’Hong Kong Museum of Art. Dall’altra va ricordato che in effetti l’influencer si trovava lì per uno Shooting per Vogue Hong Kong.

Quindi è fuori dubbio che dietro la presenza di Chiara Ferragni agli Uffizi vi fossero degli accordi di tipo commerciale, ma ciò non significa che il fatto di avvicinare l’arte ai giovani, attraverso gli strumenti digitali, sia una cosa negativa.
Anzi, il fenomeno rimanda anche a un altro settore della cultura, ossia l’editoria, in cui i cosiddetti book influencer sono riusciti a costruirsi un buon seguito parlando di libri. E anche nel loro caso non mancano accuse di essere inadeguati a presentare opere letterarie, rischiando di svilirne i contenuti, non essendo all’altezza del “tradizionale” critico letterario.
In verità non è così. Ci sono addirittura dei video in cui alcuni book influencer riflessivamente manifestano piena consapevolezza di non essere dei critici letterari. E nemmeno aspirano ad esserlo: il loro obiettivo è solo comunicare in maniera semplice i contenuti a tutti i loro follower per avvicinarli alla lettura condividendo con loro le proprie emozioni.

Noto è il caso del romanzo “The song of Achille” (La canzone di Achille) che arriva in libreria nel 2011 ma che solo nel 2021 diventa un bestseller vendendo milioni di copie grazie alla californiana Selena Velz che ne parla in un video su TikTok come di “un libro che fa piangere”: cosa che spinge migliaia di adolescenti ad acquistarlo. Un risultato impressionante.

L’importante è non confondere le figure tradizionali, come il critico d’arte, con operazioni di comunicazione di questo tipo che hanno comunque una loro dignità. Non va dimenticato che per l’arte la comunicazione è sempre stata importante, è l’unico modo per avvicinare le persone.

Certo è che la comunicazione degli influencer, relativamente al mondo dell’arte, deve poi essere accompagnata da un’attività di sensibilizzazione dei giovani. Altrimenti il rischio, come detto in precedenza, è che si visiti un museo o una mostra solo per avere un determinato sfondo, per farsi un selfie o, ancora, perché c’è stata una persona famosa.
Il museo dovrebbe essere in grado di istruire e formare i giovani. Ma ribadisco, la comunicazione è indubbiamente fondamentale.

Il fatto che gli influencer possano condizionare così tanto i più giovani è, secondo lei, un fattore positivo?

Sul tema dell’influenza rispetto ai giovani ci sono sia aspetti positivi sia negativi. Va ricordato che il successo degli influencer dipende dalla maggiore credibilità che i giovani riconoscono in loro in quanto “apparentemente” lontani dalle logiche di marketing. 

Le nuove generazioni cercano e ascoltano influencer che incarnano per loro anche dei valori positivi e che, ovviamente, corrispondono al periodo storico che stiamo vivendo. Quali ad esempio: l’inclusione, il rispetto per l’ambiente, ma anche per l’individuo. Tanto che si parla di activist influencer o di green influencer, ovvero figure che hanno a cuore il benessere dell’intera società.

E ritornando specificatamente a Chiara Ferragni numerosi sono gli esempi di impegno sociale:

  • durante il primo lockdown da Covid lei e il marito hanno raccolto fondi per la creazione di nuovi posti letto e degli strumenti necessari per il reparto di terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele;
  • è scesa in campo con il movimento attivista internazionale Black Lives Matter impegnato nella lotta contro il razzismo
  • ha realizzato un video contro la violenza sulle donne

Più volte lei si è espressa e si esprime a favore dell’empowerment femminile e a favore dell’abbattimento delle discriminazioni di genere.

Chiara e altri suoi colleghi comunicano dei valori che possono avere un effetto positivo sui giovani perché li sensibilizzano rispetto a determinate tematiche.

Chiara Ferragni e Fedez impegnati nella raccolta fondi  per il San Raffaele durante la pandemia

Invece quali possono essere i riscontri negativi del fenomeno influencer?

L’effetto negativo si lega a tutto quello che ha a che fare con la falsa promessa della società dei consumi: più successo hai, più diventi ricco, più sei felice e ti puoi circondare di tutta una serie di beni di consumo che collaborano al raggiungimento della tua felicità.

In effetti gli influencer sono l’espressione del mondo dei consumi perché si circondano di prodotti che testimoniano il raggiungimento di un determinato status e anche l’accesso a particolari ambienti.
L’esibizione dei beni di consumo che li caratterizza sembra dunque dimostrare il raggiungimento della felicità.

Se consideriamo, nello specifico, Chiara Ferragni notiamo come si mostri sempre sorridente e con un atteggiamento molto positivo anche di fronte alle difficoltà della vita. Lei ritrova in se stessa la soluzione, grazie alla sua capacità di reagire.

Tutto questo in parte è positivo, ma in parte anche negativo perché risponde all’ideologia neo liberale secondo cui ciascun individuo è manager di se stesso e la responsabilità del suo successo e del suo insuccesso dipende esclusivamente da lui. Tanto che deve impegnarsi in un lavoro costante anche sulle proprie emozioni per raggiungere questo stato di felicità che promette la società dei consumi.

Questo lavorio si svolge anche sul corpo, tra l’altro. Lo vediamo proprio a proposito di Chiara Ferragni che, nonostante rappresenti un elemento di rottura con quelle che sono le figure tradizionali nel mondo della moda (si è creata dal basso ed è riuscita a entrare in un mondo molto elitario), esibisce però un corpo che la moda richiede: magro, da modella.
Quindi l’ideale che propone alle ragazze più giovani è quello di un corpo per molte irraggiungibile. Quello di Chiara Ferragni e di molti altri influencer è un mondo pubblicitario ricco di simboli anche di status, e che dal punto di vista corporeo si ispira al modello di corpo perfetto imposto da tanta comunicazione pubblicitaria.
C’è il pericolo che la visione di certe immagini prodotte dagli influencer determinino, nelle persone più fragili, stati di ansia e di inadeguatezza.

Inoltre, un altro aspetto negativo che rischia di generarsi è il costante confronto tra l’individuo, sorta di micro influencer tra i suoi pari, e il grande influencer soprattutto a livello di seguito. Il micro influencer è spinto a impegnarsi in una vetrinizzazione costante nel tentativo di conquistare sempre più like.

Secondo lei Dott.ssa Polesana è destinato a durare il fenomeno “Chiara Ferragni” e in generale degli influencer? E in che modo secondo lei si può evolvere?

Ormai ciascuno è performer, è in grado di auto rappresentarsi, vetrinizzarsi anche se non tutti sono content creator e hanno la capacità seduttiva per crearsi nuovi follower.
Oggi ci sono migliaia di influencer, ovviamente di varia grandezza.

Ho come l’impressione che questa sovrabbondanza di influencer finisca con l’appiattire il fenomeno che inizialmente aveva un suo senso e nel tempo si stia esaurendo attraverso un processo imitativo che rischia di annoiare i follower.
La migrazione da un social all’altro è in fondo una testimonianza di questo continuo bisogno di provare sempre sensazioni nuove. Alcuni social sono già vecchi per i più giovani. Per esempio, anche TikTok, tornando al nostro caso, ha influito sulla crescita delle visite agli Uffizi. Infatti oltre all’”effetto Ferragni”, pare ci sia stato anche quello della Tiktoker Martina Socrate che aveva visitato la Galleria e condiviso contenuti con i suoi follower spingendoli a visitare il museo.

Penso arriverà un momento in cui si sentirà nuovamente il bisogno di una creatività che abbia una “profondità”, che rimanga. Una creatività che non si esaurisca con la rapidità con cui nascono e si spengono le emozioni, ma che si sedimenti e provochi una riflessione. Una creatività che derivi da un’expertise che affonda nello studio della letteratura, dell’arte, della storia e così via.

 

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Data di pubblicazione: 8 Giu, 2022

maria angela polesana

Maria Angela Polesana è professoressa associata in Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università IULM di Milano. Si occupa di ricerche legate principalmente ai fenomeni comunicativi presenti nel mondo dei media, della cultura di massa e dei consumi.

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