La Giornata del Risparmio 2023: parliamo con il Prof. Edoardo Lozza di sfide e prospettive delle nuove generazioni nel rapporto col denaro

Tempo di lettura: 7 minuti

Data di pubblicazione: 4 Dic, 2023

Il 31 Ottobre 2023 si è tenuta a Roma l’annuale Giornata del Risparmio, giunta alla sua 99° edizione. L’evento, organizzato da ACRI (Associazione che rappresenta collettivamente le Fondazioni di origine bancaria e le Casse di Risparmio Spa) ha avuto come tema: “Scelte consapevoli, educazione, responsabilità: la sfida del risparmio per le nuove generazioni”. Sono intervenuti il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il Presidente dell’Abi Antonio Patuelli, oltre che il Presidente di ACRI, Francesco Profumo.

Il dibattito è partito dall’indagine realizzata in collaborazione con IPSOS, che restituisce una fotografia di come gli italiani gestiscono e vivono il risparmio alla luce del contesto socio-economico del Paese e della situazione personale. E’ emerso chiaramente come un periodo prolungato di cambiamenti, incertezze e criticità, abbia influenzato la prospettiva delle nuove generazioni su temi legati al denaro e alla gestione delle proprie finanze.

Come affermato dal Presidente Profumo “Le nuove generazioni sono chiamate a decisioni responsabili in merito al loro futuro personale e del Paese. […] Contemporaneamente, però, le generazioni precedenti devono assumersi la responsabilità del Paese che stanno consegnando in eredità a chi li seguirà, in particolare riguardo al debito pubblico e al sistema previdenziale. […] Ci troviamo di fronte ad una staffetta generazionale che ha il compito di realizzare forme di sussidiarietà, in cui tutte le articolazioni della società – Istituzioni, Imprese, Terzo settore e corpi intermedi – si aprano a una condivisione delle responsabilità e delle decisioni”.

Affrontiamo l’argomento coinvolgendo il Prof. Edoardo Lozza, Professore Ordinario presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegna Psicologia dei Consumi e del Marketing e Psicologia Economica.
Il suo contributo ci aiuterà a capire l’impatto della comunicazione sulla percezione dei temi finanziari da parte dei giovani e quale ruolo essa può avere (e in quali forme) nel trasmettere messaggi efficaci alle nuove generazioni per educarle ad un risparmio e ad un’economia personale consapevoli.

Professor Lozza, la tematica della Giornata del Risparmio pone il focus sui giovani con meno di 30 anni, attori in uno scenario di crisi rapide e costanti, molto differente da quello vissuto dalle generazioni che li hanno preceduti. Che impatto hanno i vari media nel plasmare il mindset della Gen Z sui temi economici?

L’utilizzo della tecnologia, anche in ambito finanziario, è uno dei tratti che più distingue le nuove generazioni dalle precedenti. Una recente ricerca dell’istituto Pew Research indica infatti che metà dei giovani appartenenti alla Gen Z è quasi costantemente presente sul web. Sono generazioni online, che richiedono anche al sistema finanziario di adattarsi e comunicare in maniera tempestiva, ma anche in maniera sicura. Infatti si tratta di una generazione attenta e consapevole, soprattutto in tema di privacy e trattamento dei dati. A maggior ragione nel contesto finanziario, i giovani hanno quindi bisogno di stabilire una relazione di fiducia con istituti e intermediari, una relazione trasparente e sempre presente.

Peraltro le nuove generazioni, hanno un livello di financial literacy notevolmente superiore alle generazioni precedenti (uno studio del 2017 di Lusardi e Oggero indica che quasi la metà dei Millennial ha conoscenze finanziarie di base contro il 35% degli over 55). In ogni caso, la situazione rimane comunque notevolmente sotto la media europea e questo si riverbera anche su scarse competenze pratiche di gestione delle risorse economiche, per esempio per quanto riguarda risparmi, debiti e acquisti impulsivi.

In questo contesto i media sono contemporaneamente punti di accesso al mondo finanziario e luoghi di scambio e socializzazione. Sono quindi strumenti fondamentali per raggiungere le nuove generazioni, da un lato lavorando sul senso di estrema fragilità e instabilità che il mondo in cui vivono trasmette loro, e dall’altro promuovendo conoscenze e competenze pratiche relative a un ambiente complesso come quello finanziario.

nuove generazioni e risparmio

Il Report di Ipsos rileva che i più giovani lamentano una scarsa competenza finanziaria e una bassa autonomia gestionale ma emerge un interesse ad approfondire questi temi. Quali modalità o strumenti comunicativi sono a suo parere più idonei per avvicinare i giovani ed educarli in questo senso?

Se distinguiamo fra competenze oggettive (quello che so davvero) e competenze soggettive (quello che penso di sapere), rileviamo che i più maturi esprimono minori competenze oggettive e – a volte, in modo paradossale – maggiori competenze soggettive (pensano insomma di saperne abbastanza…). Per contro i più giovani dimostrano più elevate competenze oggettive, ma sono anche più autocritici sulle proprie competenze soggettive. Ma la stessa consapevolezza dei giovani sulle proprie mancanze e debolezze in relazione al contesto finanziario costituisce un buon punto di partenza per la promozione di competenze solide.

Tra le modalità maggiormente promosse negli ultimi anni troviamo le attività di educazione finanziaria nelle scuole. Si tratta di integrare corsi di educazione finanziaria nei programmi scolastici, fornendo conoscenze pratiche su budgeting, investimenti e gestione del denaro, coinvolgendo esperti del settore con i quali scambiare idee e dubbi. I programmi di educazione dovrebbero poi seguire i giovani nel tempo, in modo tale da mettersi a loro servizio nel momento esatto in cui si trovano a prendere decisioni finanziarie rilevanti.

D’altro canto, non si può ignorare il ruolo di influencer e social media nel determinare scelte e comportamenti dei giovani. Coinvolgere influencer e altre figure di riferimento per i giovani su piattaforme social, affinché condividano consigli finanziari in modo accessibile e informale, potrebbe essere una soluzione efficace per rendere i concetti finanziari più tangibili e interessanti.

Infine considerando le caratteristiche del contesto italiano (forte precarietà lavorativa, bassi salari, scarsa educazione finanziaria e ridotta fiducia nelle istituzioni finanziarie), è essenziale adottare approcci comunicativi mirati e strumenti che risuonino davvero con la realtà e gli interessi dei giovani.

L’esperienza della pandemia ha portato ad un ripensamento o addirittura ad una ridefinizione dell’idea di life-work balance, con reazioni inaspettate e fenomeni del tutto nuovi come “le grandi dimissioni”. Qual è il messaggio che emerge da questo nuovo approccio e quanto influisce sull’importanza che i giovani danno alla stabilità economica legata al posto di lavoro?

La pandemia ha avuto un impatto a più livelli. Senz’altro ha reso ancora più evidenti le sfide delle nuove generazioni, caratterizzate da incertezza e precarietà. Tuttavia, ha anche generato (o forse meglio dire incoraggiato) dei cambiamenti culturali, valoriali e comportamentali, soprattutto presso i più giovani, rendendo ancora più forte la sensibilità verso tematiche sociali e ambientali. Non è un caso che le nuove generazioni siano più propense a ricercare un match con i propri valori anche nel mondo degli investimenti, integrando quindi profitto ed eticità.

Inoltre l’esperienza della pandemia ha influenzato in modo significativo il concetto di work-life balance, portando a un ripensamento delle priorità e dei valori legati al lavoro. Il fenomeno delle “grandi dimissioni” rappresenta una prova tangibile di questo cambiamento di prospettiva. Il messaggio chiave che emerge da questo nuovo approccio è l’importanza attribuita alla qualità della vita e al benessere personale rispetto alla semplice sicurezza economica legata al posto di lavoro.

Questo cambiamento può essere interpretato come una ricerca di maggiore flessibilità, autonomia e soddisfazione personale nel contesto lavorativo. I giovani stanno cercando un equilibrio che consenta loro di integrare in modo più armonioso lavoro e vita privata, investendo in esperienze che portino un significato più profondo alla loro esistenza.

A questo proposito, secondo un recente sondaggio pubblicato sul “Corriere della Sera”, la motivazione più frequente tra gli under 35 alla domanda “perché vuoi cambiare lavoro?” non è stata “per guadagnare di più”, come osservato negli ultimi 20 anni, quanto piuttosto “per una posizione più adatta alle mie abilità e competenze”.

In altre parole, stiamo assistendo a una crescente consapevolezza della ricerca di significato nel lavoro. I giovani cercano opportunità che si allineino ai loro valori personali e che offrano un senso di realizzazione, oltre a una semplice stabilità economica. In aggiunta, anche i rapidi cambiamenti tecnologici e la maggiore adozione del lavoro remoto hanno contribuito a ridefinire il concetto tradizionale di lavoro, rendendo la flessibilità nell’organizzazione del lavoro una caratteristica cruciale.

Criptovalute, App FinTech, Piattaforme di Trading…: realtà moderne potenzialmente alla portata di tutti, che promettono gestione di denaro smart e guadagni facili. Tuttavia per il rischio implicito delle attività connesse, questi strumenti richiedono un’adeguata competenza. Professore, qual è il grado di educazione dei giovani in questo ambito e quali forme di comunicazione ritiene possano risultare efficaci a questo scopo?

Da sempre al denaro è associato un senso di magica onnipotenza, che trova però la sua massima espressione nelle forme smaterializzate del denaro contemporaneo, a cui sono associate intense fantasie di arricchimento senza limiti. In riferimento alle criptovalute, ad esempio, è facile sentire spesso espressioni come “basta poco per fare tanti soldi senza sforzo”.

È sicuramente vero che molti investitori si sono arricchiti oltre ogni immaginazione attraverso i Bitcoin, ma è altrettanto vero che non mancano casi opposti. Nel marzo 2023 ha fatto scalpore, per esempio, il caso del trader di criptovalute coreano Satto, che ha perso in diretta 872.500 dollari proprio mentre cercava di dimostrare alla sua community come diventare “ricchi e subito”.

In questo caso penso che non sia tanto una questione di competenze e conoscenze tecniche dei giovani che, come visto in precedenza, tendono ad essere più preparati rispetto alle generazioni che li hanno preceduti, quanto di educare ai rischi e alle problematiche che possono emergere: non solo in termini finanziari, ma anche sul piano psicologico, dato che in alcuni casi assistiamo a veri e propri fenomeni di “dipendenza” da trading, che trasforma il denaro quasi in una “droga”, come del resto dimostrato da numerosi studi di matrice neuropsicologica.

la dipendenza da trading

Rimanendo in tema di strumenti digitali, qual è il rapporto delle nuove generazioni con i pagamenti elettronici rispetto al “vecchio contante”?

Sicuramente osserviamo delle differenze generazionali nel nostro rapporto con i soldi. Due recenti studi, in particolare, sono significativi da questo punto di vista. Il primo di questi (Sesini e Lozza: “La rappresentazione sociale del denaro e della crisi economica: differenze per ciclo di vita”, Sistemi Intelligenti 3/2023, 605-515), nell’ambito di un confronto fra generazioni sulle parole più associate al tema del denaro, mostra come per i giovani emerga una visione più pragmatica e disincantata del denaro, caratterizzata da termini concreti quali soldi, contanti, monete, lavoro, casa, acquisti; mentre sono gli individui più maturi ad essere più orientati verso una prospettiva simbolica, con parole come serenità, sicurezza, libertà o potere.

Il secondo studio (Castiglioni, Sesini, Pinel e Lozza: “Psychology of money and new methods of payment: generational differences towards a cashless society”, Micro & Macro Marketing, 2/2023, 311-336) affronta invece le abitudini di pagamento delle generazioni più giovani.

In questa prospettiva, lo studio mette in discussione una delle scoperte più note della psicologia del denaro, e cioè il fenomeno del “dolore del pagamento”. Come forse è noto, numerose ricerche hanno dimostrato che separarci fisicamente dai soldi attiva i circuiti cerebrali associati al dolore, o più specificamente, al disgusto e al dispiacere. In altre parole, quando estraiamo banconote dal portafoglio, proviamo una sensazione di disagio.

La dinamica cambia invece quando effettuiamo pagamenti tramite strumenti elettronici, come app, bancomat o carta di credito. In questi casi, il dolore è meno intenso perché percepiamo meno direttamente la separazione del denaro speso. Il pagamento elettronico, quindi, anestetizza almeno in parte il dolore del pagamento.

Di conseguenza, siamo più inclini a acquistare cose di cui non abbiamo effettivamente bisogno o di cui non siamo completamente convinti. Paradossalmente, per sfuggire al disagio del pagamento, i consumatori finiscono dunque per spendere di più. In proposito, pare però che l’equazione “contanti = sofferenza” vale soprattutto per le generazioni più adulte.

Nei giovani, abituati a utilizzare gli strumenti digitali, il dolore del pagamento si attiva quando usano le app, la carta o il bancomat. Per contro, quando pagano con i contanti, non sentono di spendere davvero, anche perché in loro il dolore si è già attivato quando hanno prelevato il denaro allo sportello. Il motivo è legato alla percezione che quelli prelevati agli sportelli siano soldi “già spesi”.

A ciò si associa anche un’altra differenza: i più giovani tendono a considerare maggiormente l’e-money, rispetto al contante, come uno strumento adatto per organizzare e gestire meglio il proprio denaro, grazie ai meccanismi di feedback e gestione delle spese che caratterizza i metodi di pagamento elettronico (ad esempio, tramite app mobili che consentono un costante monitoraggio delle transazioni e dei fondi disponibili, favorendo così l’autocontrollo e l’autoregolamentazione nelle spese).

Insomma entrambi questi studi mostrano quanto il nostro rapporto con i soldi sia in costante evoluzione, e per questo vada monitorato attentamente per adeguare le forme di comunicazione e di education alle esigenze di ciascun segmento della popolazione.

il dolore del pagamento

“I soldi fanno la felicità” : quanto è vera questa affermazione per le nuove generazioni?

Penso che sia tanto vera quanto lo fosse per le generazioni precedenti. Nel senso che è sicuramente vero che il denaro, nella società contemporanea, sia un elemento necessario al raggiungimento di una vita felice, anche se necessario non significa sufficiente.

Volendo sintetizzare le numerose indagini empiriche condotte in ambito psicologico su questo tema, e semplificando notevolmente una complessità di risultati ineludibile su un tema così dibattuto, la miglior risposta possibile alla domanda se i soldi fanno la felicità è la seguente: il denaro può contribuire al benessere soggettivo soprattutto quando serve per uscire da situazioni di bisogno e povertà, mentre, in altre situazioni, gli aumenti di reddito non comportano necessariamente aumenti della felicità, per diverse ragioni, fra cui il confronto sociale (per cui non è il valore assoluto del reddito a contare, ma quello relativo ai propri gruppi di riferimento), l’adattamento edonico (la soddisfazione per un tenore di vita più elevato potrebbe svanire dopo che una persona ci si abitua) o i livelli di aspirazione (anche un aumento di stipendio potrebbe non avere un effetto positivo, se le aspettative di partenza sono deluse).

Infine, occorre sempre ricordare che esistono predittori del benessere soggettivo molto più importanti, rispetto al reddito, a partire dalle amicizie e dalle relazioni affettive profonde, che non dipendono in alcun modo dal denaro.

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Data di pubblicazione: 4 Dic, 2023
Professor Edoardo Lozza

EDOARDO LOZZA

Edoardo Lozza è Professore Ordinario presso la Facoltà di Psicologia
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegna Psicologia dei
Consumi e del Marketing e Psicologia Economica e dove coordina la Laurea
Magistrale in Psicologia per le Organizzazioni: Risorse Umane, Marketing e
Comunicazione.
È Presidente della Economic Psychology division di IAAP (International Association of
Applied Psychology). È autore di oltre un centinaio di pubblicazioni scientifiche nell’ambito
della psicologia economica, psicologia dei consumi, ricerca di marketing e behavioral
finance, pubblicati in riviste e libri nazionali e internazionali.
Fra i suoi più recenti lavori: Psicologia del denaro. Un approccio storico-genetico, 2023

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